Enzo Bianchi commenta la "Gaudium et spes"
CAGLIARI, 24 aprile 2013. “Parlerò della Gaudium et spes: un testo che va capito e inquadrato storicamente,” ha esordito Enzo Bianchi nella sua conferenza alla Facoltà Teologica della Sardegna, tenutasi in un’aula magna piena come non mai venerdì 19 aprile 2013. “Vi sono degli elementi contingenti in quel testo. Si è rimproverato, a torto, un certo ottimismo. Certamente, si voleva in quegli anni dare all’umanità più fiducia e speranza”. “Tuttavia”, ha detto il priore della comunità di Bose, “è anche il testo che ha raggruppato la maggior parte delle attese del Concilio.
Fino a quel momento avevamo una Chiesa tridentina e barocca. Una Chiesa assediata: dall’umanesimo, dalla scienza moderna, dal positivismo e perfino dall’autonomia dell’etica. La Chiesa si è spaventata, si è sentita come contraddetta e non più riconosciuta. La stessa Rivoluzione francese ha costituito per la Chiesa perdite e devastazioni. La Chiesa ha vissuto tutto questo come un trauma, chiudendosi in trincea e vedendo l’età moderna come un avversario. La Chiesa e il mondo: due entità, una di fronte all’altra, dove doveva per forza avvenire un urto e una separazione”.
“Come ha osservato anche Papa Benedetto XVI nell’agosto 2012 – ha detto Enzo Bianchi – ‘la Chiesa era contro il mondo: ma le cose dovevano rimanere così? Chi pensava davvero alle religioni? Ci ha pensato il Concilio! E non so nemmeno come abbia fatto!’” “Poco per volta – ha continuato Bianchi – si maturò e non si parlò più di ‘Chiesa e mondo’ ma di ‘Chiesa nel mondo’. La Chiesa va a cercare l’uomo dove è: perché Cristo è il vero uomo, oltre che il vero Dio”. La chiave per comprendere la portata rivoluzionaria del Concilio e della Gaudium et spes a fronte di questo stato di cose, secondo Bianchi, sta ancora in uno scritto di Papa Benedetto XVI, stavolta molto più lontano nel tempo. Si tratta di un diario personale, scritto ai tempi del Concilio, il 29 settembre 1963: “Ciò che mi ha colpito di più – scrisse l’allora giovane teologo Joseph Ratzinger – è l’aspetto propriamente cristologico di quello che sta avvenendo”. “L’umanizzazione è il cammino voluto da Dio per la salvezza del cosmo”, ha commentato Enzo Bianchi. “Il Concilio ha riconosciuto questo e ha messo fine al triste capitolo della storia della Chiesa dal XVI secolo in poi”. C’è un passaggio della Gaudium et spes – ha poi concluso – che mi commuove ogni volta che lo cito: ‘Il cristiano, assimilato alla morte di Cristo mediante il Battesimo, andrà incontro alla Resurrezione confortato dalla speranza’”.
Ha concluso l’incontro l’arcivescovo di Cagliari, mons. Arrigo Miglio: “La chiave di lettura cristologica che ci ha dato oggi Enzo Bianchi sulla Gaudium et Spes è davvero illuminante. Se c’è una cosa che mi porto a casa da questa serata è proprio questa, insieme all’idea di Benedetto XVI che il cammino del Concilio non è mai compiuto e che ogni generazione è chiamata a ricominciare da capo. Questo è il vero spirito del ricordare e celebrare il Concilio”. (red)