La Chiesa e la "teoria del gender"
CAGLIARI, 17 novembre 2014 - Aveva un titolo impegnativo ("La questione del gender. Rivendicazioni e implicazioni dell'attuale cultura sessuale") il seminario di studio che si è svolto in due giornate, il 14 e 15 novembre, nell'aula magna della Facoltà Teologica della Sardegna. Introdotto e coordinato da don Aristide Fumagalli, docente di teologia morale alla Facoltà Teologica dell'Italia Settentrionale, a Milano, il seminario ha cercato di far luce, come è stato esplicitamente dichiarato, “in modo obiettivo” e fuori da ogni “emotività”, su una questione spinosa che
negli ultimi vent’anni, in modo particolare, è al centro di numerosi dibattiti a carattere mondiale. “Perché questo richiamo così esplicito all’obiettività?” ha detto Fumagalli all’inizio. “Perché anzitutto occorre capire ‘di che cosa si parla’, giacché siamo in presenza di una confusione semantica e di una dispersione concettuale”. “Anzi, per dirla più chiaramente”, ha aggiunto don Aristide, “la questione del gender assomiglia un po’ a un calderone dove vi finiscono vari elementi, non tutti appropriati”. In un lungo intervento, diviso in due sessioni di lavoro, il teologo milanese ha cercato quindi di chiarire i termini della questione: prima con una disamina storico-critica di questa teoria, oggi in qualche misura in voga o dibattuta nella società, e successivamente esponendo la posizione della Chiesa a riguardo e infine alcune prospettive antropologiche che si possono trarre da tutto questo dibattito. “Gender” è un termine inglese che indica il “genere” sessuale. Fin qui nulla di problematico. Ma è allo psicologo neozelandese John Money che si fa risalire una distinzione netta dell’identità di genere dall’identità sessuale, appunto tra “genere” e “sesso”. Siamo alla metà degli anni ’60 e gli studi di Money sull’ermafroditismo e il transessualismo portano a ipotizzare una teoria cosiddetta “interazionista”, per la quale dopo una certa età l’identità di genere può essere fluida e soggetta a dei costanti aggiustamenti. Da qui, in qualche misura, si innesta un dibattito che coinvolge psicoanalisti e antropologi (come Robert Stoller e Gayle Rubin, per citare solo due nomi) che utilizzano questa distinzione in modo allargato, sostanzialmente a tutti gli esseri umani adulti che non si sentono a loro agio col proprio sesso. Così fino ai giorni nostri dove, osserva Fumagalli, “mi dicono che su Facebook le identità di genere siano addirittura 56!”.
Ma questo dibattito, per il teologo milanese, non si può limitare ad alcuni singoli psicologi o antropologi che lo hanno teorizzato: le sue radici sono più complesse all’interno della cultura del Novecento e grande rilievo hanno avuto in tutto questo i movimenti di pensiero femministi, che da Simone De Beauvoir a Luce Irigaray, fino al femminismo di “terza generazione” (Judith Butler, Donna Haraway), riflette su un processo che, dice Fumagalli, “da una critica al genere maschile passa all’idea che il genere stesso sia una ‘costruzione’ e non un dato di natura e infine arriva ad affermare che se il genere è ‘costruito’ e non è naturale allora lo si può anche ‘scompigliare’”. Da qui il concetto di “queer” (obliquo, stravagante) che la Butler affronta nel suo libro “Undoing Gender” del 2004. La questione dell’identità di genere è dunque fortemente mescolata e connessa con quella del femminismo e dei diritti umani, e questo, insiste Fumagalli, è un po’ il crocevia delicato e pericoloso di tutta la faccenda. “Se siamo davanti a uno scontro”, prosegue il teologo, “tra coloro che indicano ‘solo la cultura’ contro quelli che indicano ‘solo la natura’, il conflitto sociale è destinato a innalzarsi e non si arriva da nessuna parte. Se invece la sfida è quella di un’antropologia integrale allora si può pensare a un impegno cristiano più autentico in questa direzione”. La posizione della Chiesa cattolica – affrontata nella seconda giornata di lavoro, e che Fumagalli divide in tre nuclei (interventi diplomatici, pronunciamenti magisteriali e tendenze ecclesiali) – sembra riflettere, per Fumagalli, questa volontà di equilibrio. “Da un lato vi è una ferma condanna di ‘una tendenza apparsa nella conferenza di Pechino che pretende di introdurre nelle culture dei popoli l’ideologia del gender’; dall’altro, come è scritto in un intervento diplomatico ufficiale, ‘la Chiesa non condivide neanche la nozione di ‘determinismo biologico’, secondo la quale tutte le funzioni e relazioni dei due sessi sono stabilite in un modello unico e statico’”. D’altro canto nelle tendenze ecclesiali, dice ancora Fumagalli, si vede abbastanza chiaramente questo doppio gruppo di persone: “Quelli che oppongono un rifiuto polemico alla teoria del gender, insistendo che l’‘ideologia di genere’ è destinata a squalificare le istanze positive della ‘prospettiva di genere’ (che pone l’accento sui diritti), ed entrarci in dialogo sarebbe inefficace e moralmente sbagliato; e quelli che intendono assumere criticamente la teoria, concordando con l’idea di escludere l’ideologia di genere, ma non di scartare la prospettiva di genere come strumento analitico e critico per capire, per esempio, le differenze tra uomo e donna, per le quali non basta la sola prospettiva biologica”. “Nella Chiesa”, ha detto Fumagalli, “vi è attualmente un dibattito interno, anche acceso, tra queste due posizioni”.
Il relatore, manifestando infine una propensione verso la seconda delle due prospettive, ha tirato le somme, indicando pregi e limiti della teoria del gender. Tra i pregi ha elencato: il fatto di evidenziare l’influsso della cultura sociale, di correggere il determinismo biologico e di criticare la discriminazione delle persone. Tra i limiti: la censura del sesso corporeo, l’abdicare al sentimento psichico (per cui qualunque sentimento dell’istante detterebbe legge) e l’assolutizzare la libertà individuale. In chiusura, rispondendo a qualche intervento dal pubblico, Fumagalli ha richiamato alcune frasi evangeliche che invitano a non indugiare nel pessimismo e nel pensiero che l’oggi è sempre peggio del domani, ma, al contrario, ha sottolineato come la prospettiva debba essere quella opposta di un cammino di crescita e fiducia, e, essenzialmente, del vivere da cristiani nel mondo. L'evento è stato organizzato dalla Facoltà Teologica della Sardegna in collaborazione con l'Istituto di Scienze religiose di Cagliari.