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La Morcelliana e Guardini: una storia che passa per Cagliari

CAGLIARI, 27 gennaio 2016 - L’undicesima uscita dell’opera omnia di Romano Guardini è una vicenda che tocca da vicino la Facoltà Teologica della Sardegna, e non solo perché il curatore di questo volume sugli scritti etici è il professor Daniele Vinci, docente di antropologia filosofica in questa facoltà, ma anche perché la prima presentazione del primo volume della collana, curata da Silvano Zucal e Michele Nicoletti, si tenne proprio a Cagliari, nella Facoltà Teologica e con la collaborazione attiva della stessa.

Era il 2005 quando la casa editrice Morcelliana decise di impegnarsi in un progetto di natura eccezionale: la pubblicazione di tutte le opere di Romano Guardini, anche quelle rimaste finora inedite, in una collana prestigiosa, con traduzioni nuove o riviste da capo, destinata a essere la collana di punta della casa editrice. Si tratta di un progetto molto ambizioso, che prevede l’uscita di 27 volumi, alcuni di questi anche doppi, con la cadenza di uno all’anno, in un formato con la copertina rigida, che unisce un alto valore scientifico a una fattura di pregio dell’opera stessa, e tutto sommato con dei prezzi contenuti trattandosi di volumi di 6/700 pagine l’uno.

Perché dunque questo “trattamento speciale” a Romano Guardini da parte della Morcelliana?

“Romano Guardini”, dice il professor Daniele Vinci, “è un autore che è nel Dna della Morcelliana. Da quando la casa editrice ha iniziato a pubblicare, dal momento della sua fondazione nel 1925, si è occupata di Guardini poiché quest’ultimo rappresentava un caso esemplare di pensatore cattolico di dimensione europea. La cultura italiana dell’epoca era vissuta da alcuni intellettuali come una cultura chiusa, asfittica e autoreferenziale”. “Pertanto, il desiderio”, prosegue Vinci, “era quello di mettere in contatto la cultura italiana con autori di respiro europeo: il Guardini degli anni ’20 e ’30 era una punta avanzata in tal senso. Gli veniva quindi riconosciuta la capacità di formare nuove generazioni e di essere una guida non solo spirituale ma anche ‘scientifica’. Inoltre, Guardini era uno ‘strumento immunizzante’ per impedire che il cattolicesimo italiano si conformasse al fascismo”.

Come è strutturato un volume-tipo di questa collana?

“Vi sono tre aspetti fondamentali. Ogni volume contiene un’introduzione consistente che ha il compito di presentare il testo e far comprendere il significato che questo può avere anche oggi, nel dibattito contemporaneo. Poi vi sono ovviamente i testi, relativi al tema scelto per quel singolo volume in cui sono stati accorpati, che sono inseriti in ordine cronologico e presentati con tutte le modifiche avute nelle varie edizioni: dunque vi è, si potrebbe dire, una visione sincronica ma anche diacronica dei testi stessi. Questo è un approccio direi totalmente nuovo per Guardini, ma necessario se pensiamo che un testo come Le età della vita, uno dei più belli di questo volume da me curato, ha avuto nove differenti edizioni. E tuttavia questa è anche una caratteristica intrinseca al modo di concepire i testi da parte di Guardini che non riteneva mai definitivo un suo scritto. Infine, il terzo e ultimo aspetto di cui parlavo riguarda le note a piè di pagina, che esplicitano la fonte delle citazioni di Guardini che solo in rari casi l’autore chiarisce, e le note finali ai testi che chiariscono la funzione del testo in questione, il suo ruolo nel dibattito del tempo e offrono una bibliografia ragionata relativa al testo”.

Vi sono anche testi inediti?

“Sì. In alcuni casi si tratta di testi inediti in lingua italiana, e magari che non hanno avuto ristampe neanche in tedesco, in altri casi, penso allo scritto di questo volume ‘Che cos’è l’eticità?’, parliamo di scritti totalmente inediti”.

Guardini non è, per sua stessa scelta, un pensatore sistematico: ha senso, pertanto, parlare di un’etica guardiniana?

“Questo è molto vero. Pensare agli scritti sull’etica di Guardini come a una riflessione sistematica sulla morale filosofica significherebbe non capire il contenuto di questi scritti. In realtà Guardini è un fenomenologo. Non si chiede solo ‘Che cos’è il bene?’, ma piuttosto ‘Cosa accade quando uno fa il bene?’, o al contrario ‘quando fa il male’. Guardini è attento al linguaggio dell’etica, per lui, e lo dice più volte, già usare il termine ‘virtù’ può creare ribrezzo, e questo è un fenomeno che non può essere ignorato. Per questa ragione lui preferisce non utilizzare il linguaggio consolidato dell’etica”.

In questa concezione fluida della realtà, esistono tuttavia dei punti fermi per Guardini? Vi è un “messaggio guardiniano” da apprendere e rendere, per così dire, statico?

“Penso, in particolare, al concetto di auto-formazione. La persona per Guardini è chiamata ad ‘auto-formarsi’. E questo, chiaramente, è inammissibile per qualunque totalitarismo. E ancora è molto rilevante il tema della formazione degli adulti. Guardini, lo scrive chiaramente, ritiene che l’adulto del suo tempo sia abbandonato a se stesso e necessiti invece di una formazione permanente a lui mirata”.

Cosa si apprende dalla lettura di Guardini? Qual è la formazione essenziale che si riceve?

“Dal mio punto di vista leggere Guardini aiuta a comprendere la propria esistenza, e dunque aiuta a riconoscere i valori etici presenti nella vita di ognuno. Faccio un esempio: la fedeltà. La capacità di restare fedeli a qualcuno o a qualcosa che si è iniziato; essere saldi nella lucidità di valutare le proprie azioni. A volte, fa osservare Guardini, si parte con entusiasmo, ma poi si capisce che ‘c’erano delle illusioni’. Ecco, è in quel momento che Guardini insegna a restare saldi in ciò che si è iniziato”.

L’etica è dunque sempre circostanziata, sempre rintracciabile nel vissuto?

“E aggiungerei che l’etica è ‘plurale’. Le virtù sono al plurale per Guardini. Lui parla di ‘virtù polifonica’, come ad esempio la cortesia, la gratitudine, il silenzio. Si tratta di virtù legate alla vita, con molte declinazioni. E poi ciascuna virtù è legata all’altra”.

Ma vi sono dei vertici contrapposti in Guardini? Diciamo così, un punto più basso e tragico della vita e un punto più elevato, di riscatto e salvezza?

“Io ho una mia idea in proposito. Il punto più basso che l’uomo possa toccare è forse per Guardini la disperazione che deriva dall’idea che non siamo amati; il sentire che non vi sia alcuno sguardo d’amore nei nostri confronti. Al contrario di questo, il riscatto di una simile situazione, e forse il punto più alto per un’etica umana, viene dall’ascolto dell’altro; l’uscire da se stessi, da un certo individualismo, per porsi in una dimensione di dialogo e disponibilità autentica verso l’altro. In un concetto solo: dimenticare se stessi in vista dell’altro. Ci tengo poi a far osservare come ogni azione umana per Guardini abbia due sensi di direzione: ne è oggetto chi la riceve ma anche chi la fa. Il bene e il male sono essi stessi bidirezionali. In altre parole: il male fa male anche a chi lo compie, e non solo a chi lo riceve. Ugualmente, rivolgendo in positivo questo concetto si potrebbe dire che mentre uno insegna agli altri sta imparando egli stesso”.

 

Romano Guardini, Scritti sul'etica, a cura di Daniele Vinci, Opera omnia di Romano Guardini vol. n. IV/I, Brescia, Morcelliana 2015, 768 pp.

- Vai alla sezione dedicata all'opera omnia di Guardini nel sito della Morcelliana